E arriva!!!!!!
Continuai a fissarla, quando improvvisamente, l’orizzonte pallido e crudele del suo viso fu invaso da una strana luce, e in un istante, la sua espressione si trasformò in una maschera di dolore e rimorso, mentre il bagliore di una lacrima silenziosa accompagnava il tonfo della pistola che Arianna aveva lasciato cadere sugli scogli. Esausta, chinò il capo, ed io timoroso, mi avvicinai a lei, cingendo le sue spalle tra le mie braccia, cullandola dolcemente, in una danza macabra, accompagnata da una melodia invisibile. La guerra tra me e Arianna era finita: la ricerca disperata di una motivazione, gli infiniti interrogativi, la perdita della mia identità, tutto era terminato, ogni cosa si era dissolta in quell’abbraccio così assurdo. Non ci fu bisogno di parole, né di alcun perdono, decisi di scortare Arianna nell’unico posto dove entrambi saremmo stati al sicuro: Via Cristoforo Colombo, 48. In quel momento, nulla aveva più importanza, e qualsiasi spiegazione per quell’interminabile sequenza di eventi che mi avevano investito in pochissimo tempo sarebbe stata banale, effimera, superficiale. Varcai il portone dello stabile, e mi diressi verso l’anziana portinaia, che, come sempre, sedeva dietro la logora scrivania.
“Luisa , mi daresti le chiavi della stanza?” le chiesi. E lei, con un movimento quasi meccanico, me le consegnò, mostrandomi uno dei suoi sdentati sorrisi.
Salimmo le scale, percorremmo il corridoio illuminato flebilmente, inserii la chiave nella serratura e aprii la porta. Riconobbi la foto di Arianna e Sarah ancora adagiata sul letto, la borsa rovesciata sul pavimento, tutto era rimasto esattamente uguale all’ultima volta che ero stato lì. Dalle finestre chiuse la notte continuava a bussare, per cercare di entrare in quel piccolo nascondiglio, dove il mondo si plasmava sulle pareti spoglie, disegnando graffiti astratti. La luna muoveva i suoi raggi sul letto sfatto, le sue dita luminose mi indicavano il posto dove ogni cosa aveva avuto inizio: in quella notte buia, feci l’amore con Arianna, confusi il mio dolore nell’oscurità, mentre le carezze e i baci si accavallavano alle mie lacrime pesanti; riuscii a liberarmi della mia angoscia, passandole le dita tra i capelli, sentendo il suo profumo, affogavo nella paura, per riaffiorare nella speranza, la mia pace era l’inquietudine di quei secondi fugaci e veloci, che non mi lasciavano il tempo di respirare. Quella notte, non una parola incorniciò la nostra unione, ma solo cori di respiri affannati accompagnarono i battiti frenetici del cuore, finché tutto tacque all’alba di un nuovo giorno.
Quando mi svegliai, Arianna ancora dormiva. Non avevo smesso di guardarla da quando un raggio di sole mi aveva destato: osservavo i suoi capelli arruffati, il corpo macchiato da piccoli nei, le braccia lunghe che scendevano lungo i fianchi, le labbra carnose e morbide. Ricordai la prima volta che la vidi: indossava un costume da bagno coloratissimo, sul quale spiccavano fiori dalle tante forme. La notai subito per la sua straordinaria bellezza, e ricordo un piccolo particolare: una voglia marrone a forma di luna sulla schiena, che spiccava sulla pelle bianchissima. Tornai a fissare Arianna, e mentre i miei occhi scorrevano sulle curve della sua schiena, immediatamente mi accorsi di una cosa: non aveva la voglia. In un primo momento credetti di essermi sbagliato, ma osservando con più attenzione, mi accorsi che sulla schiena di Arianna quella voglia di cui mi ricordavo così chiaramente non compariva. Nella mia mente iniziava a prendere forma un nuovo tormento, cominciai a tremare, divorato dai miei pensieri.
“Alice!” urlai sobbalzando dal letto. Il suo volto esterefatto mostrò gli occhi increduli che tante volte mi avevano ingannato.
“Sapevo che sarebbe successo, ma ti prego non mandarmi via, mi hai amato davvero, inconsapevolmente hai creato qualcosa di meraviglioso che durerà per sempre”.
Portai le mani al volto, per non vedere la presenza di quelle parole che come la fredda lama di un coltello trafiggevano l’aria, rendendola pesante, irrespirabile.”Dov’è Arianna?”sussurrai trattenendo il respiro.
Alice strinse gli occhi sprigionando un’espressione di inumana cattiveria e soffocando la sua voce in un sibilo imprecò: “Arianna è morta, proprio come tua sorella. Sono stata io ad ucciderla, voleva separarci, l’ho fatto per noi, per il nostro amore, affinché durasse in eterno”.
Non ho mai avuto la forza di dedicare uno sguardo ad Alice, che, nella sua pazzia, aveva rovinato tante vite. La lasciai lì in quel letto, senza pronunciare nemmeno una parola, poiché le mie braccia, le mie gambe, erano diventate di ghiaccio, anch’io mi sentivo morto, perché lei, in quel mattino così funesto, mi aveva ucciso, lasciando vivo un corpo senz’anima.
Ora sono qui, a distanza di anni, guardo il mare. Nessuno potrà mai restituirmi la mia Arianna, ma l’angoscia di rivedere il suo volto mi perseguita, perché allora vorrà dire che non avrò incontrato la mia amata, ma ancora una volta, un’assassina.
Deneb D.